io nei disturbi alimentari

by ChiaraSole Ciavatta

io, io, io nei disturbi alimentari

io nei disturbi alimentari: Nei disturbi alimentari tutto è occupato dalla malattia: non c’è spazio per altro…. e per altri.

Esisto solo io, io e i miei sintomi, o meglio i miei sintomi e io come passivo esecutore della “ perversa volontà mortifera” della malattia.

L’altro è colui che può soddisfare il mio bisogno hic et nunc e che volta per volta assume il ruolo che mi fa comodo: il ricettacolo dei miei sfoghi, il competitor del confronto, la “preda” da sedurre, il risarcente di mancanze storiche.

L’altro è anche il perturbante che muove il mio desiderio e per questo scomodo, come scomodo è il mio desiderio perché sfugge: non è totalmente assimilabile alla logica sintomatica del controllo e del godimento tutto e subito.

Si vorrebbe annullare l’alterità dell’altro, quell’alterità che fa paura perché non è “gestibile”!

Si cerca illusoriamente di controllare l’altro come illusoriamente si cerca di controllare se stessi, le proprie emozioni, il proprio desiderio.

Far preoccupare l’altro, farlo angosciare risponde a quella logica del controllo/potere: potere sulle emozioni e sull’umore dell’altro. In quel momento si tiene legato l’altro, ma non c’è scambio, non c’è reciprocità, non c’è condivisione.

Non c’è spazio per l’altro: tutto è occupato dalla malattia, che rinchiude in una dimensione simil-autistica in cui non c’è una reale apertura all’altro.

L’altro come alterità non assimilabile a me, come unicità a se stante non appendice del mio io, non esiste.

Accogliere l’altro passa necessariamente da un percorso personale di cura che consenta di uscire da una posizione egocentrica in cui esisto solo io e tutto il mondo gira intorno a me.

Solo riconoscendo e accettando che l’altro non è in funzione di me posso costruire una relazione di reciprocità, condivisione, alleanza.

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