
Chiara bimba
C’era una volta una piccolina… vispa, vivace, piena di vita. Lei però sentiva, in qualche modo, dentro di sé, che qualcosa non andava… che doveva proteggersi e lo faceva con il suo amato cibo baby sitter, la sua copertina sempre con sé e il suo piccolo pollice sempre in bocca (questo fino a tarda età). Nel tempo in qualche modo, la copertina è sparita, persa o chissà… ne ha sofferto tanto: la cercava ovunque come si trattasse del Santo Graal.
Il cibo e il pollice, invece, sempre fedeli. Sempre lì per lei a proteggerla, consolarla, “abbracciarla”. Quella piccolina era inconsapevole di quanto dolore e confusione si stava accumulando. Le abbuffate di nascosto che già allora faceva, ne erano un chiaro segnale (insieme ad altri)… nessuno vedeva, nessuna sapeva, ma a posteriori lei, oggi adulta, è da tanto tempo ben cosciente che il mostro DCA stava prendendo sempre più forma e cresceva prepotente dentro di lei. Una creaturina chiaramente inconsapevole dell’inferno che avrebbe dovuto vivere.
“I disturbi alimentari, come ogni malattia, hanno un tempo di incubazione prima che si manifestino i sintomi evidenti/violenti… si soffre e si sta male già da prima… e quel prima va interrogato attraverso un percorso di cura specializzato.”
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Una mia carissima e storica amica di nome Cinzia (alla mia sinistra nella fotografia), il giorno di Pasqua mi ha inviato questo ricordo comune (unite allora come ora, nonostante ci si veda poco per i tanti impegni)❣
Si tratta del giorno della mia cresima, malata di disturbi alimentari da tempo, ero tornata da poco da un posto preposto per fare dimagrire le persone. Ero una ragazzina, anzi direi una “bimba” giovane giovane… che si sentiva costantemente inadatta, senza valore, orribile in ogni senso, quella ragazzina sentiva di non andare mai bene.
Piena di dolore e di laceranti complessi, ho “imposto” a tutti gli ospiti e commensali di consumare un pasto assolutamente iper dietetico e ipocalorico.
Un pasto studiato a tavolino con vari aiuti con l’eccezione della torta finale che era buona e cioè normale.
Non credo di averla mangiata, ma so e ricordo che, nonostante il pasto dietetico, ero flagellata dai sensi di colpa.
Qualcosa di indescrivibile che solo chi li prova o li ha provati può capire.
Non facevo che piangere, urlare disperata poi…
E, il giorno dopo, sono stata non so quanto tempo a correre sul tapis-roulant per espiare una colpa che non avevo… una colpa che non esisteva…
Solo dopo tanti tanti anni e tanto tanto tanto lavoro introspettivo ho capito cosa nascondeva quella paura disarmante di ingrassare e quei massacranti sensi di colpa.
Non mollare mai, perché si può guarire🌞❣
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Avevo messo questa fotografia nell’history di Instagram.
Come c’è scritto nella foto, risale al 1986. 11 anni è già malata da tempo.
Sono stata una grande appassionata di quello sport e cioè del pattinaggio artistico arrivando a fare anche salti di un certo rilievo.
Ricordo benissimo quanto io rompessi le scatole alla mia allenatrice chiedendole, anzi pregandola, di poter indossare sempre la tuta… lo facevo Durante gli allenamenti. Mai, ma proprio mai, un body.
Poi è arrivato quel giorno… il giorno del saggio.
Il body istituzionale doveva essere indossato e l’ho fatto.
Ricordo me bimba fuori dalla pista nascosta che piangevo disperatamente.
Ricordo le persone intorno adulte che cercavano di rassicurarmi.
Ricordo che mi sentivo morire nel mostrarmi con quel body.
Mamma mia quanto ho pianto.
Un dolore inspiegabile e non raccontabile che solo chi ha vissuto o vive il feroce mondo dei disturbi alimentari può capire.
Mi vergognavo come se avessi fatto o stessi facendo la cosa più grave del mondo mostrando il mio corpo.
Poi sono entrata e ho fatto la mia performance.
Ho continuato a pattinare e a crescere nei salti… Ovviamente sempre in tuta.
Addirittura ricordo che ho chiesto a mia madre di accompagnarmi in un posto per atleti professionisti dove producevano abiti o Body in base alle necessità dell’atleta.
Ne abbiamo realizzati due e onestamente sembravano due vestiti immensi che non avevano nulla a che fare col pattinaggio artistico, ma io non ero contenta perché mi coprivano.
Dopo un po’ di tempo ho lasciato il tanto amato pattinaggio perché quella malattia così feroce era infinitamente limitante. Lei mi ha controllato ed è stata più forte castrandomi nei miei desideri.
La stessa cosa è avvenuta per la pallavolo, altro sport che amavo molto… mi avevano presa in una squadra e quando l’allenatore mi ha dato la divisa, ho nuovamente chiesto se potevo mettere dei pantaloni lunghi invece di quei mini pantaloncini.
Il giorno della prima partita ufficiale non mi sono presentata.
E così la malattia mi ha controllato anche in quel momento, io non ho proseguito a giocare a pallavolo.
Sono certa che cose del genere sono successe a tanti di voi.
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Questa fotografia è di tanti tanti anni fa, avevo circa 18 anni o forse ero minorenne non lo ricordo bene.
Io ero nel pieno della malattia (Bulimia con un forte ideale Anoressico e depressione) e qui mi trovavo in uno dei tanti ricoveri fatti molto lontana dalla mia casa d’origine. È stato un momento speciale perché non erano ammesse visite ne contatti con l’esterno, dopo diverso tempo, mi è stato dato il permesso di ricevere la prima visita. In questa foto siamo raffigurati mio fratello ed io. E nonostante il grande dolore che vivevo e, inconsapevole che la strada sarebbe stata ancora molto molto lunga, quel momento è impresso nel mio cuore come una grande gioia vissuta insieme a lui.
Mi trovavo in una camerata di 4 persone e ovviamente non era concesso appendere nulla, ma ogni tanto, di nascosto, attaccavo i poster di James Dean e del mitico Elvis Presley, cosa che ho fatto anche in quella occasione. Ho pochissime foto di quando stavo male perché ovviamente odiavo farmi fotografare.
Solitamente quelle poche le tengo private ma oggi ho deciso di condividere questo momento splendido.
Mi trovavo in quel posto già da molto tempo e avevo ancora tanto tempo davanti. È stato uno dei tanti passaggi e tentativi per arrivare al tanto aspirato benessere.
Quindi grazie adorato Andrea (mio fratello) per quella gioia.
Inoltre mi sento di dirti, a te che stai leggendo, che per quanti tentativi tu possa aver fatto per arrivare a guarire continua continua continua continua senza disperare perché prima o poi ti renderai conto che davvero è possibile. #sipuoguarire
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Quanto ho odiato la persona raffigurata nell’immagine di questo post (ho compreso in seguito che odiavo la mia sofferenza interiore).
Odio, disprezzo, schifo, non sentirsi mai abbastanza, mai considerata. Sentire di avere la colpa di tutto, per tutto e per tutti. Sentire un costante senso di abbandono e rifiuto. Sentire una solitudine così profonda da non saper neanche descrivere. Mi avvertivo infinitamente enorme/grassa,tanto quanto era forte il sentirmi completamente invisibile agli occhi degli altri e soprattutto agli occhi di chi contava per me.
Sola anche e soprattutto in mezzo agli altri (una sensazione gelida).
Sentire che nessuno avrebbe mai potuto capire. Avvertire un male così infinito tanto da”non sentirlo più”per quanto io fossi logorata dallo stesso.Inconsciamente e, senza rendermene conto,mi sono rifugiata in una prigione, in una malattia psichiatrica (una convivenza indissolubile sin da piccolissima fino a circa il 2001). Infinite forme di autodistruzione per proteggermi da cause, traumi, dolori, dinamiche, ecc. Mi guardavo e vedevo merda (per usare un francesismo).
Putrida dentro e fuori.
Le inconsce autopunizioni non bastavano mai. Al fondo non c’è mai fine! Chiedendo aiuto…. lavoro e fatica lavoro e fatica lavoro e fatica sono guarita… ero convintissima di essere marcia e che guarire sarebbe stato davvero impossibile.
Guardo questa foto.
È una delle pochissime che ho degli anni della malattia. La fototessera per la patente.
Guardo il mio sguardo di allora… Spento,occhi vitrei, senza vita… avverto amorevole tenerezza per quella me così disperata. Ero contenta per la patente e infatti,per la foto,ho cercato di “incarinirmi”. Ho lavorato duramente sulla coazione a ripetere.Sulla memoria impermeabile provocata dalla cristallizzazione della crescita dovuta ai sintomi alimentari. Posso affermare che ricordo vividamente ogni singola sensazione.
Il Maestro Primo Levi afferma:”Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo.”
Amici non perdete la speranza,continuate a lottare,continuate a cercare la vostra strada terapeutica per arrivare ad una effettiva libertà.Tutto è possibile, nonostante i vari nonostante.
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