Mamma quanto sto piangendo,
Tutte le lacrime che non mi hai visto versare,
Mamma quanto dolore che sto provando,
tutto quello che non ti ho fatto vedere,
Mamma quanta paura che sto incontrando,
tutta quella che non mi sono permessa di avere,
Mamma lo so… non è facile ricoprire il tuo ruolo,
Io da figlia ci ho provato.
Ho fatto un gran casino.
È un lavoro estremamente complicato , così delicato, il lavoro che si va a fare per stanare Lei, che va presa come si accarezza una neonata.
Una neonata, è forse lì che desidero tornare, in quella comoda culla, è lì che il mio profondo blu vorrebbe galleggiare, nelle acque del ventre materno attaccata al cordone ombelicale.
L’ho perfino detto, senza sapere neppure io di cosa stavo parlando “per favore un altro po’, ho bisogno di altro tempo non ho chiesto la vita, fatemi andare un po’ più in là”.
Che, nel mio metro e 68 di statura, forse, la testa ha ben pensato di non potermici far stare in quello spazio tanto confortevole e tentando di diminuirmi si è scontrata con le ossa, che troppe volte con un purtroppo davanti, ho pensato non potessero dimagrire.
Le ossa, che grande ancora, che grande appiglio di certezza, è in esse che è forse aggrappata saldamente la malattia?
Quelle nessuno te le porta via, nemmeno la morte.
A volte mi immagino gli operatori come dei piccoli operai arrampicati su di noi con martelli di gomma che vanno a smussare gli angoli delle Pareti, eppure tanto delicato è il lavoro tanto più quando vedi Lei, la malattia, vorresti darle un enorme calcio per mandarla via, ma sembra che , come uno yo-yo, poi torni indietro da te.
È subdola, ti arriva come uno schiaffo.
Che tanto più la scacci , tanto più forte lei tornerà a gridarti che il male è più forte del bene, per dirti che non meriti nulla .
Tanto più la vedi, tanto più proverà a nascondersi nel conosciuto, il suo conosciuto, il suo amico più fedele , il
Sintomo.
È subdolo lui, credo che quando il Sintomo da sempre dormiente e camuffato non visibile ai miei occhi , abbia finalmente stretto la mano al mio approccio alla vita distruttivo e boicottatore dello star bene … Sia nata la storia d’amore più grande della mia vita.
Ma si viene subito traditi, lo posso garantire! che quell’onnipotenza, quella gioia frenetica dura ben poco, ed è un “gioco” che non vale la candela, la cera cade e brucia lasciando ustioni indelebili, non fatevi ingannare… è subdola la malattia! Ti dice di amarti e che sei bellissima ma poi ti affossa con spalate di merda.
l Sintomo credo sia il suo manifesto, la sua voce per dirti che esiste davvero, non è nella testa, ma anche nel tuo corpo, aggrappata a qualcosa di reale, brutale, doloroso fisicamente ma mai quanto lo è nell’emotivo, perché il desiderio di risarcimento per ciò che è mancato, subito, e perduto è talmente enorme che qualsiasi cosa non sarà all’altezza, che da domani smetto, non funziona mai, per questo si pensa di non essere mai malati abbastanza.
È una corsa sul tapis roulant quella, un dispendio di energie che non ti porta da nessuna parte.
Il sintomo, la malattia … A volte sembra si impossessino completamente della mia testa e di me, quasi avessero accesso a un pulsante segreto da schiacciare per spegnermi di nuovo e prendere il controllo… si il controllo ce l’ha la malattia, non tu.
Poi lo so , si impara a schivare, a depotenziare a riposizionare tutto, lo so che troverà il suo posto, silenzioso e in un sonno profondo e irrisvegliabile, dentro di me.
Fino a qualche mese fa ad inizio percorso nemmeno riuscivo a pronunciarle queste parole, sintomo e malattia, erano impronunciabili non ammissibili non accettabili, perché volevano restare intoccabili forse.
Ora inizio a credere davvero che si possa guarire, in una guarigione che non è fossile ma non altro se non sinonimo di Libertà, quella libertà che fa tanta paura, così tanta paura che queste righe in cui dico che ci credo , sono le stesse su cui più mi sono soffermata , chiedendomi se fosse il caso di cancellarle… Che subdola la malattia!
È assurdo veramente come Lei sia riuscita ad impossessarsi a tal punto di me, Lei che è sempre stata mia compagna fedele e silenziosa alla fine mi ha mangiata.
Ora sono in un momento di profonda paura ..ho paura per la prima volta forse, e credo sia un bene.
Paura di cadere, paura nel vedere quanto prima non ne avessi di morire,
Quanto io abbia cercato di uccidermi solo per vedermi viva.
Mi sento enormemente destabilizzata e disorientata, impaurita, da quando è avvenuta la scissione tra me e Lei, da quando ho percepito dentro di me che io e Lei siamo due cose separate, emozioni che fatico a porre in parole… Posso solo sentirmi di dedicarne alcune
Tutte le volte che ti ho urlato era Lei a parlare non io,
Tutte le volte che mi sono posta su un piano più alto e diverso come a dire… in capibile, era Lei che non voleva essere toccata,
Tutte le volte che ho dubitato del tuo amore incondizionato era Lei che non voleva essere scacciata…
Così come quando rifiutavo i consigli e li demonizzavo…
Tutte le volte che ho scelto la mia solitudine alla tua compagnia , amica mia, era Lei che voleva stare sola
Così comoda in quel buio, così grande e potente dentro la mia testa, nella mia solitudine.
Mi sento di descrivere il mio stato attuale con una similitudine, spesso si usa il termine centrifuga, centrifuga cervellotica centrifuga emozionale, ecco in quello stato gli “abiti” dentro girano così veloci che dall’oblò non potrai mai immaginare quali capi ci siano dentro, puoi individuarne si qualcuno più di un altro…ma il complesso è così confuso e brusco.
Ecco mi sento in rallentamento di centrifuga quando i panni iniziano a girare meno veloci e si vedono uno per uno alzarsi e cadere , alzarsi e cadere, alzarsi e cadere, aspetto il momento in cui i miei abiti saranno del tutto depositati e potró toglierli uno ad uno per poi andare ad asciugarli , come coperte bianche, me li immagino che riflettono luce, coperte che avvolgono in un caldo abbraccio e non più usate per nascondersi, lenzuoli bianchi e profumati asciugati al Sole.
Elisa A.