Citazione tratta da “Il diritto del bambino al rispetto” di Janusz Korczak
“Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre.
Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente riconoscendone la verità dei sentimenti passati, che se non ascoltati diventano presenti, futuri, eterni.
Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non hanno saputo o potuto dare.
È qualcuno che non cerca compiacimento, rapporti privilegiati, amore incondizionato, senso per la propria esistenza nel partner, nei figli, nei colleghi, negli amici.
Adulto è colui che non crea transfert costanti, vivendo in un perpetuo e doloroso gioco di ruolo in cui cerca di portare dentro gli altri, a volte trascinandoli per i capelli.
Adulto è chi si assume le proprie responsabilità, ma non quelle come timbrare il cartellino, pagare le bollette o rifare le lavatrici.
Ma le responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni, delle proprie paure e delle proprie fragilità.
Responsabile è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe alla crisi, al governo ladro, al sindaco che scalda la poltrona, alla società malata, ai piccioni che portano le malattie e all’insegnante delle elementari che era frustrata.
Sembrano adulti ma non lo sono affatto.
Chi da bambino è stato umiliato, chi ha pensato di non esser stato amato abbastanza, chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura, chi ha incontrato la rabbia e la violenza, chi si è sentito eccessivamente responsabilizzato, chi ha urlato senza voce, chi la voce ce l’aveva ma non c’era nessuno con orecchie per sentire, chi ha atteso invano mani, chi ha temuto le mani: per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda rielaborazione, se non si è avuto ancora il coraggio di accettare il dolore vissuto, se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità” è un’illusione.
Io ho paura di questi bambini feriti travestiti da adulti, perché se un bambino ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni è pronto a fare qualsiasi cosa.
Un bambino ferito travestito da adulto è una bomba ad orologeria.
Ciò che separa il bambino dall’adulto, è la consapevolezza.
Ciò che separa l’illusione dalla consapevolezza è la capacità di sostenere l’onda d’urto della deflagrazione del dolore accumulato.
Ciò che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e leggerezza.
Non si giunge alla felicità attraverso la menzogna.
Non si può fingere di non aver vissuto la propria infanzia.
Non si può essere adulti se nessuno ha visto il bambino che siamo stati, noi per primi.
Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato e ne è diventato il padre e la madre.”
Janusz Korczak
Pseudonimo del pedagogista polacco Henryk Goldschmit scrittore e medico polacco di origine ebraica, vittima della Shoah (Varsavia 1878 – Treblinka 1942). Svolse un’intensa e illuminata attività di educatore, accompagnata da una vasta produzione di opere teoriche e di narrativa per l’infanzia. Scomparve nel campo di sterminio di Treblinka, con i suoi ragazzi che non aveva voluto abbandonare. Il suo saggio Pravo dziecka do szacunku (“Il diritto del bambino al rispetto”, 1929) è considerato il manifesto dei diritti del fanciullo.
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