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DCA: riflessione testimonianza sulla “Resistenza alla crescita” e sulla “Cristallizzazione della crescita”

by ChiaraSole

DCA: riflessione testimonianza sulla “Resistenza alla crescita” e sulla “Cristallizzazione della crescita”

Quando ero malata di disturbi alimentari vivevo, inconsciamente, in una vera e propria resistenza alla crescita, quanto meno a periodi alterni.
Ero spesso una persona inaffidabile, capitava che la mia parola valesse davvero poco.
Insomma non si poteva tanto contare su di me.
Certo, sentendomi parlare e nelle mie reali (io stessa ci credevo veramente) intenzioni del momento, sembravo adulta e responsabile, ma successivamente, quando arrivava la circostanza attesa io trovavo il modo per “scappare”.
Se fossero stati i tempi di oggi sarebbe stato piu’ semplice: un messaggino “ciao, scusa tanto, ma non riesco a venire…. non riesco a fare quella cosa… non riesco…. non riesco… non posso… e così via…” All’epoca era necessario trovare altre vie.
Quando prendevo degli impegni, di ogni genere, io credevo davvero alla parola data, ma spesso fuggivo, letteralmente sparivo. Non mi facevo proprio trovare.
A volte, ma anche spesso… se facevo una scelta, un istante dopo, senza rispetto verso me e gli altri, la cambiavo.
Non riuscivo, era tutto troppo grande anche le cose e situazioni apparentemente piccole.
L’inconscia paura di crescere era un fuoco che mi pervadeva, mi atterriva e, ovviamente, all’epoca non lo capivo, non potevo capirlo.
Una responsabilità quella del crescere che mi terrorizzava.
Una vera e propria resistenza alla crescita, una potente resistenza, un’inarrestabile resistenza al cambiamento.
Mi arrabbiavo con tutti, con il mondo e soprattutto con me stessa facendomi del male sia attraverso brutti pensieri su di me, sia con i sintomi o spostamenti di vario genere.
A volte mi raccontavo anche che ero io nel giusto e che gli altri non capivano… ma non era una questione di giusto o sbagliato, bensì del mio stato psicologico, del mio dolore che era incanalato in tutte le sfere della vita.

Autrice Jenna Rose Simon

C’erano momenti durante i quali mi sentivo grande, adulta, anziana e altri piccola, piccolissima: due estremi, due eccessi che non si incontravano mai e che non potevano incontrarsi. Non solo, spesso bisticciavano tra loro: una guerra interiore pregna di sofferenza.

Mi sono molto auto colpevolizzata per tutto questo, anche a causa di quanto le persone accanto a me mi dicevano date le mie mancanze apparentemente caratteriali.
Come per tutte le persone che conoscono direttamente i DCA, sentivo la colpa di esistere, la colpa di non essere abbastanza, la colpa di non essere brava, la colpa di sentirmi costantemente una delusione, la colpa di essere sempre e comunque sbagliata,  la rabbia nei riguardi del giudizio che sentivo contro di me. Che in realtà, alla fine, ma anche all’inizio, quel giudizio, era prima di tutto il mio: partorito dal giudice severo che abitava dentro di me.
Non capivo, non sapevo. Nessuno attorno a me sapeva, neanche chi mi seguiva nella “cura”.
Sono consapevole che le mie scelte/non scelte hanno spesso fatto del male oltre che a me stessa, anche alle persone a me care.
Ho lavorato così tanto anche su tutto questo: non avevo colpe e non ne avevano le persone accanto a me, ovviamente non potevano comprendere il perché di un comportamento così apparentemente menefreghista/egoista/irresponsabile… ma era tutt’altro.
Era la malattia e non certo carattere e neanche capricci, ovviamente.
Questi mali cristallizzano la crescita, la sedano, la anestetizzano, la arrestano e ci si sente sballottati da una data età all’altra senza neanche rendersene conto.
Spesso chi soffre di DCA ha questi comportamenti.
O si è iper ”perfetti” come vorrebbe l’ideale anoressico  e cioè fare tutto, fare di più e bene, anche se poi non ci va mai bene del tutto, quindi un essere affidabili in modo relativo e a tempo … una finta “perfezione” che poi si paga con costi emotivi immani.
Oppure l’esatto opposto, l’eccesso opposto.
Tutto questo fa parte di quel terribile pacchetto che è pregno di sfaccettature che si chiama MALATTIA: disturbi del comportamento alimentare.
Ma perché quando si soffre di queste patologie non si riesce ad essere costanti, affidabili, di parola, equilibrati, ad avere mezze misure e così via?
Il motivo è proprio quanto ho accennato sopra e cioè la “cristallizzazione della crescita” causata dai vari sintomi e rituali che frequentemente emergono ancor prima che esploda in modo feroce la malattia. Questi fenomeni patologici hanno il potere di sedare e anestetizzare TUTTO tanto è vero che spesso, a posteriore, molte persone hanno proprio dei vuoti di memoria, dei veri e propri vuoti temporali.
Frequentemente si è presenti fisicamente, ma tutto il resto non c’è perchè completamente sedato. Il tempo passa, così come vanno avanti i compleanni, ma questo avviene solo da un punto di vista anagrafico. E’ come se si rimanesse fermi ad una data età. In piu’ a causa di tutta una serie di bisogni emotivi possono anche esserci delle ulteriori regressioni con l’aggiunta di veri e propri bisogni infantili. La cristallizzazione della crescita è qualcosa di molto potente e anche difficile da accogliere per chi la vive. E’ complesso accettare che è tutto spostato: l’adolescenza a tutta un’altra età e chissà a quale ecc ecc.
Prova a pensarci con me: una persona che procede in una crescita naturale, senza malattie, con i problemi di tutti attraversa le varie fasi “normali” e quando arriva ad esempio a 30, 40, 50 anni ha quell’età, almeno dovrebbe. Non ha avuto maree di anestesie sintomatiche, non è stato costantemente sedato rischiando la vita per anni e anni e anni. Chi invece quelle maree si sintomi le ha costantemente subite a 30, 40, 50 emotivamente potrebbe avere qualsiasi età; proprio perché ha vissuto con costanti blocchi e vuoti di crescita. Assicuro che quando lo si vive non è così chiaro, tutt’altro. E’ totale CAOS.
Dalla cristallizzazione della crescita ne deriva poi quella che io definisco “la memoria impermeabile” e cioè, detto in parole povere, il fatto che avendo buchi temporali ante cose fatte, dette e apprese non si fermano nella memoria; non si fanno proprie: in questo senso la memoria risulta impermeabile. Si è sedati al punto da non riuscire a ricordare che un dato comportamento, se ripetuto, inevitabilmente, avrà il medesimo risultato.
Tempo fa, una ragazza in percorso, aveva scritto una riflessione nella quale portava questi argomenti sentiti e vissuti sulla propria pelle.. Se desideri leggerla clicca qui.
NO, determinati comportamenti NON SONO CARATTERE!!! Fanno parte del tutto. Quel tutto dei disturbi del comportamento alimentare che massacra ogni sfera della vita di cui è importante prendersi cura. Anche per questo parlo sempre di PERCORSO DI CURA/CRESCITA.
Un percorso di cura deve essere anche un percorso di crescita durante il quale si impara piano piano a riconoscersi nella propria età anagrafica. Si impara ad essere responsabili e affidabili, si impara ad essere costanti, si impara il rispetto per sé stessi e per gli altri, si impara a prendere delle posizioni nella vita in generale e anche su ciò che ci fa bene, si impara a non dare nulla per scontato, si impara ad esserci e ad esserci davvero senza filtri anestetizzanti sintomatici, si impara a portare avanti gli impegni presi.
Si impara il rispetto.
Si impara anche a modificare quegli impegni… senza sensi di colpa, bensì ponderando le scelte in base a quella più utile e sana a livello personale.
Si impara ad essere coerenti con le scelte e posizioni prese, ma soprattutto con se stessi.
Si impara a prendersi la responsabilità delle proprie scelte e a rispettare le scelte altrui senza giudicarle perchè diverse dalle proprie.
Si impara anche ad accogliere le critiche senza farne una tragedia.
Si impara a prendersi delle responsabilità e a fare cose per gli altri senza avere l’inconscio fine di un tornaconto personale.
Si impara… Si impara… Si impara.. e Si impara ancora.
Una qualunque scelta può essere rivista, nessuna scelta deve legare… ma chiaramente in modo adulto e non impulsivo, perché dettato dall’umore o da altri fattori.
È inutile raccontarsi storie: crescere fa male e non è certo facile.
Cambiare fa paura, perchè si è in procinto di lasciare una dimensione conosciuta che, per quanto dolorosa, rimane familiare e certa.
Nel tempo, quel male, quel dolore affrontato, lavorato, rielaborato, sa di buono perché porta alla reale libertà, all’autoconsapevolezza, all’autoconoscenza, porta a riuscire a portare avanti qualunque cosa con costanza e non in modo scostante come è proprio di quando si soffre di disturbi alimentari.
Porta a sapere di non sapere e quindi a continuare ad imparare e a crescere ogni giorno un pochino e a qualunque età.
Desidero scriverlo ancora una volta: un percorso di cura è importante che sia anche un percorso di crescita!
Come detto crescere fa male, fa tanto male, ma con fatica e lavoro è assolutamente possibile e ti assicuro che ne vale davvero la “pena”!!!
Quindi avanti tutta e avanti tutta sempre!
Il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è.
Buddha

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