Quando ero malata di disturbi alimentari vivevo, inconsciamente, in una vera e propria regressione della crescita, quanto meno a periodi alterni.
Ero inaffidabile.
La mia parola valeva davvero poco.
Insomma non si poteva certo contare su di me.
Quando prendevo degli impegni (di ogni genere), io credevo davvero alla parola data ma puntualmente scappavo, letteralmente sparivo.
A volte, ma anche spesso… se facevo una scelta un istante dopo, senza rispetto verso me e gli altri, la cambiavo.
Non riuscivo, era tutto troppo grande anche le cose e situazioni apparentemente piccole.
L’inconscia paura di crescere era un fuoco che mi pervadeva, mi atterriva e, ovviamente, all’epoca non lo capivo, non potevo capirlo.
Una responsabilità quella del crescere che mi terrorizzava.
Una vera e propria resistenza alla crescita, una potente resistenza, un’inarrestabile resistenza al cambiamento.
Mi arrabbiavo con tutti, con il mondo e soprattutto con me stessa facendomi del male sia attraverso brutti pensieri su di me, sia con i vari sintomi o spostamenti di vario genere.
A volte mi raccontavo anche che ero io nel giusto e che gli altri non capivano… ma non era una questione di giusto o sbagliato, bensì del mio stato psicologico, del mio dolore che era incanalato in tutte le sfere della vita.

Autrice Jenna Rose Simon
C’erano momenti durante i quali mi sentivo grande, adulta e altri piccola, piccolissima: due estremi, due eccessi che non si incontravano mai e che non potevano incontrarsi.
Mi sono molto auto colpevolizzata per tutto questo, anche a causa di quanto le persone accanto a me mi dicevano date le mie mancanze apparentemente caratteriali.
Come per tutte le persone che conoscono direttamente i DCA, sentivo la colpa di esistere, la colpa di non essere abbastanza, la colpa di non essere brava, la colpa di sentirmi costantemente una delusione, la colpa di essere sempre e comunque sbagliata, la rabbia nei riguardi del giudizio che sentivo “contro” di me (che in realtà, alla fine, ma anche all’inizio, quel giudizio, era prima di tutto il mio: partorito dal giudice severo che abitava dentro di me).
Non capivo, non sapevo.
So bene che le mie scelte/non scelte hanno spesso fatto male a me e anche alle persone da me amate.
Ho lavorato così tanto anche su tutto questo: non avevo colpe e non ne avevano le persone accanto a me, ovviamente non potevano comprendere il perché di un comportamento così apparentemente menefreghista/egoista/irresponsabile… ma era tutt’altro.
Era la malattia e non certo carattere e neanche capricci, ovviamente.
Questi mali cristallizzano la crescita, la sedano, la anestetizzano, la arrestano e ci si sente sballottati da una data età all’altra senza neanche rendersene conto.
Spesso chi soffre di DCA ha questi comportamenti…
O si è iper ”perfetti” come vorrebbe l’ideale anoressico (fare tutto, fare di più e bene, anche se poi non ci va mai bene del tutto, quindi un essere affidabili in modo relativo e a tempo)… una finta “perfezione” che poi si paga con costi emotivi immani.
Oppure l’esatto opposto, l’eccesso opposto.
Tutto questo fa parte di quel terribile pacchetto che è pregno di sfaccettature che si chiama MALATTIA: disturbi alimentari.
Un percorso di cura è anche un percorso di crescita durante il quale si impara ad essere affidabili, si impara il rispetto per sé stessi e per gli altri, si impara a prendere delle posizioni nella vita in generale e anche su ciò che ci fa bene nel prendersi cura di sé, si impara a non dare nulla per scontato, si impara ad esserci e ad esserci davvero senza filtri anestetizzanti sintomatici, si impara a portare avanti gli impegni presi.
Si impara il rispetto.
Si impara anche a modificare quegli impegni… senza sensi di colpa, bensì ponderando le scelte in base a quella più utile e sana a livello personale.
Si impara ad essere coerenti con le scelte e posizioni prese, ma soprattutto con se stessi.
Si impara a prendersi la responsabilità delle proprie scelte e a rispettare le scelte altrui senza giudicarle perchè diverse dalle proprie.
Si impara a prendersi impegni e a fare cose per gli altri senza avere l’inconscio fine di un tornaconto affettivo personale.
Si impara… Si impara… Si impara.. e Si impara ancora.
Una qualunque scelta può essere rivista, nessuna scelta deve legare… ma chiaramente in modo adulto e non impulsivo, perché dettato dall’umore o da altri fattori.
È inutile raccontarsi storie: crescere fa male e non è certo facile.
Cambiare fa paura, perchè si è in procinto di lasciare una dimensione conosciuta che, per quanto dolorosa, rimane familiare e certa.
Nel tempo, quel male, quel dolore affrontato, lavorato, rielaborato, sa di buono perché porta alla reale libertà, all’autoconsapevolezza, all’autoconoscenza, porta a riuscire a portare avanti qualunque cosa con costanza e non in modo scostante come è proprio di quando si soffre di disturbi alimentari.
Porta a sapere di non sapere e quindi a continuare ad imparare e a crescere ogni giorno un pochino e a qualunque età.
Un percorso di cura è anche un percorso di crescita!
Come detto crescere fa male, fa tanto male, ma con fatica e lavoro è assolutamente possibile e ti assicuro che ne vale davvero la “pena”!!!
Quindi avanti tutta e avanti tutta sempre!
ChiaraSole Ciavatta
Il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è. Buddha
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.