abbattere il muro del silenzio, quello fuori e dentro di noi! DCA
Quante volte sono stata in silenzio aspettando e aspettando ancora che le persone a me care: (amate e odiate) potessero capire quello di cui io avevo bisogno. Bramando che Loro comprendessero un male senza che io stessa mi concedessi di denunciarlo!
Quante volte ho cercato invano di mandare dei segnali attraverso occhiate, gesti, sintomi. Messaggi per me assolutamente inequivocabili che dicevano AIUTATEMI: sto affogando nel drammatico vuoto che è dentro di me. Salvatemi da me stessa. Salvatemi dalla palude che ho dentro, perché da sola non ci riesco.
Quante volte mi sono chiusa in camera, piangendo in modo praticamente impercettibile, SPERANDO che arrivasse una persona nel “momento giusto” a dirmi che era lì per me, ma non solo a chiedermi di aiutarmi, ma a dirmi che voleva profondamente aiutarmi come a voler significare che quel dolore che vivevo era anche il suo, che lo sentiva dentro. E che in quel modo era la persona stessa a comprendere profondamente una sofferenza che fino in fondo faticavo io stessa a capire!
Quante volte ho pensato, o meglio, inconsapevolmente sperato, che il mio silenzio potesse gridare la mia sofferenza fatta apparentemente di “solo” sintomi per gli altri inspiegabili, ma per me maledettamente necessari alla mia maldestra sopravvivenza. Sintomi che cercavano di spiegare un disagio colmo di ferite che necessitavano di cure: ferite che esigevano considerazione, ma che prima di tutto dovevano essere spiegate! Ma la prima persone che aveva difficoltà a spiegale ero io!
Esattamente come te anche io potrei riempire questo foglio bianco di QUANTE VOLTE…
E’ difficile arrivare alla consapevolezza che il silenzio non spiega, è altrettanto complesso comprendere che certi segnali che pensiamo essere tanto “chiari”, possono essere sempre interpretati in base all’interlocutore che abbiamo davanti. Si ha sempre paura di parlare. Il terrore di ferire, di deludere, di esporsi.
Allo stesso tempo continuare a far finta che il proprio mondo interiore non esista non è sicuramente una soluzione. Io mi sono resa conto che cercavo di delegare la risoluzione di tutto il mio dolore. Speravo che chi mi era accanto potesse leggere tra le righe anche per poter risolvere ciò che me risultava irrisolvibile. Sicuramente prendere in mano la situazione era davvero difficile.
Il silenzio è vuoto di significato e spesso si risponde al silenzio con altrettanto silenzio dando adito ad una marea di fraintendimenti dolorosi, mentre alle parole con altrettante parole.
ROMPERE QUEL MURO DI SILENZIO che non spiegava nel dettaglio ciò che provavo è stato progressivamente fondamentale. Negli anni della malattia le uniche parole usate sono state quelle terribile dette nei momenti di rabbia, parole taglienti più di una lama. Parole espresse solo dopo troppo tempo di assoluto silenzio… proprio come per il cibo anche per la parola era la stessa cosa: sappiamo che LA RESTRIZIONE PORTA ALL’ECCESSO.
Ai tempi, tacevo, tacevo e tacevo ancora, tanto da far poi uscire il dolore sotto forma di rabbia (oltre che di sintomo) dicendo così cose terribili delle quali poi mi pentivo amaramente e puntualmente. Non riuscivo a parlare e a spiegare quello che avevo dentro nei momenti di calma…è qualcosa che ho imparato, facendolo giorno per giorno.
Quindi parlare, dire ciò che si prova, tradurre le proprie emozioni in parole, essendo aiutati, è davvero molto importante per arrivare a quel punto di benessere a cui tanto aspiriamo, quindi cosa aspetti?! Chiedi aiuto, parla! Racconta il tuo dolore a chi ti è accanto, per poi poter chiedere un aiuto concreto!
ChiaraSole
PS internet, qualunque mezzo online, può essere un mezzo utile come inizio per affrontare le proprie paure, ma poi, per quanto difficile, è fondamentale affrontarle le proprie di persona, concretamente!
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