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anoressia mentale: L’ANORESSIA è stato il mio modo per gridare aiuto! testimonianza e riflessione

by ChiaraSole

anoressia mentale: L’ANORESSIA è stato il mio modo per gridare aiuto! testimonianza e riflessione

anoressia mentale; Quando mi sono ammalata? Mi dispiace ma anche chi è abituato a incasellare tutto dovrà arrendersi a credere che un confine saldo che discerne il periodo che precede la malattia da quello della malattia non è possibile definirlo.

Non ritengo neanche necessario stabilirlo, però per rispondere mi occorre solo ascoltarmi per pochi minuti, perché in modo prorompente avanzano i ricordi dei viaggi settimanali Rimini- Bologna, traffico, ospedale, pesata, attesa del responso, fastidiosa sentenza ponderale con la conseguente modifiche dello ”schema” alimentare e infine la fuga Bologna-Rimini. I corpi ormai conosciuti, che transitavano nel breve reparto ospedaliero nascondendosi il viso nonostante la tacita comprensione, si sono impressi nella mia mente all’età di 10 anni. Questa ritualità ha scandito le settimane per ben due anni della mia vita. Io non avevo scelto di essere lì, l’età non mi concedeva questo lusso bensì i miei genitori spinti dalla loro impotenza e disperazione si erano appellati ai consigli di diversi dottori.

Che brividi. L’angoscia che mi procurò quel tetro e caotico ospedale è scalfita profondamente nella mia memoria. Fu tanta da spingermi a fare tutto quello che mi veniva detto. Sognavo di non metterci più piede. Fu molto violento ma oggi considero una grande ricchezza aver conosciuto sulla mia pelle il metodo ricovero/ day hospital, perché paradossalmente mi è servito per comprendere che non bastava seguire un’alimentazione sana per guarire, infatti il mio dolore e le mie ossessioni continuavano fedelmente ad assillarmi.

Con questo credo che a 10 anni il mio dolore ha acquistato una forma, diventando visibile attraverso uno spiccato sottopeso ma non posso ignorare gli anni precedenti dominati da urla di voci familiari alternate a silenzi gravosi, da cambi umorali repentini, da schiaffoni ”educativi”.

Infatti come ogni malattia ha bisogno di un tempo, che può essere definito ”di incubazione” che precede l’evidente manifestazione del disturbo alimentare. La mia sofferenza si accumulava dentro di me aumentando giornalmente la mia pesantezza fisica fittizia e alimentando il mio desiderio di sparire, o meglio di far sparire il mio dolore.

Non avevo sicuramente qualcosa di solido a cui aggrapparmi, per questo la mia salvezza fu l’anoressia: un linguaggio che mi permise goffamente di gridare una richiesta di aiuto (inconsciamente). Attraverso la malattia resi evidente un dolore che non riuscivo a sopportare e nemmeno a denunciarlo a parole, perché presupponeva una sua accettazione.

Tentavo di nasconderlo, di negarlo ma poi illudendomi che era qualcosa che potevo ”controllare”, lo sottovalutavo e così la mia esclusione sociale diventava sempre più necessaria e rinchiudermi tra le mura del bagno, teatro di massacri sul mio viso, aveva sempre meno la parvenza di una buona soluzione. Mi facevo risucchiare dallo studio scolastico e non riuscivo neanche più a riservare al mio corpo le cure più elementari come dormire e lavarsi.

Era chiaro che da sola non potevo più fare niente. Così feci altre esperienze di percorsi di guarigione con psicologi e in centri specializzati in psichiatria infantile, fino ad approdare a 14 anni a MondoSole, devastata. Oggi, dopo tanto lavoro su me stessa, ogni tassello del mio passato si è unito, lo conosco e fa parte di me, ma sicuramente non coincide con il mio presente che mi sono costruita con dura fatica e non lo intacca.

Posso affermare di ”aver fatto pace” con il mio passato, perché sinceramente il dolore che ho vissuto mi è bastato e ora voglio solo vivere! Mi ritengo veramente fortunata per aver trovato persone così valide su cui fare affidamento che mi hanno indirizzato verso un benessere e soprattutto per avermi fatto comprendere la gravità della malattia, che ammaglia tutti gli aspetti della vita e l’intero nucleo familiare, e per avermi insegnato una cura e una delicatezza nei riguardi di me stessa, che ad oggi le considero i miei tesori più preziosi. E proprio a loro che devo un enorme gratitudine, per la loro presenza giorno dopo giorno, la loro dolcezza, la loro grande professionalità. Un grande abbraccio a voi, Chiara e Matteo.
Marghe

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